giovedì 7 marzo 2013

Intervista a un Janeite d'eccezione: Giuseppe Ierolli

Tra i fan di Jane Austen gli uomini sono mosche bianche: è dunque un'occasione quasi unica poter intervistare uno studioso - italiano, per giunta - preparato come Giuseppe Ierolli. Tuttavia, cercheremo di intervistare Giuseppe dal punto di vista 'Lizzesco', non prettamente accademico, ma un po' curioso, un po' scherzoso. Lasciamo che il Colonnello Ierolli (soprannome assegnatogli d'ufficio dal gruppo The Jane Austen Bookworm Club di Anobii) abbandoni la sua veste seria di studioso e ci mostri il suo lato giocoso.
Diamo dunque il benvenuto a Giuseppe Ierolli, che ha tradotto tutto ciò che c'era da tradurre su Jane Austen, membro fondatore della neonata JASIT (Jane Austen Society of Italy) e persona squisita, che si è sottoposta molto volentieri alle nostre domande (più o meno indiscrete).
Lizzies: Nel programma televisivo Nel cuore dei giorni su TV2000 ? andato in onda il 13 febbraio 2013 ? hai dichiarato di aver abbandonato a metà Orgoglio e Pregiudizio la prima volta che lo hai letto. Come mai? E qual è stato l'approccio al romanzo la seconda volta?
Giuseppe Ierolli parla di Jane Austen nel corso del programma televisivo Nel Cuore dei giorni su TV2000
Giuseppe Ierolli: Perché mi annoiava. Non avevo praticamente colto nulla di quello che rende Jane Austen una grande scrittrice, e quella storia di matrimoni, fughe e ripensamenti non era riuscita a interessarmi. Per la seconda domanda vedi il punto 2.
L.: Dunque, Orgoglio e Pregiudizio è stato il tuo primo contatto con Jane Austen. E poi? Com'è nata la tua grande ammirazione?
La copertina
di Orgoglio e Pregiudizio
tradotto da Giuseppe Ierolli
G. I.: Il romanzo l'avevo abbandonato, ma, come talvolta mi capita (non solo con la letteratura: il Tristano e Isotta di Wagner ci ho messo molto a digerirlo, e ora è forse la mia opera preferita), mi era rimasta la sensazione che quel giudizio negativo non fosse dovuto all'autrice ma al lettore. Mi sono detto (semplifico un po', in realtà queste riflessioni durarono alcuni anni) che tutti i grandi autori, e sicuramente Jane Austen lo era, hanno un segreto, un segreto che ciascun lettore deve saper cogliere. Mi resi conto che il mio giudizio era stato affrettato, era dovuto a una lettura sicuramente superficiale, e, dato che le mie predilezioni, di qualsiasi tipo, in genere non derivano da "colpi di fulmine", decisi di leggere gli altri suoi romanzi. Credo che a questa decisione abbia anche contribuito il fatto che all'epoca stavo lavorando alla mia tesi di laurea su due opere serie di Rossini, e cercavo collegamenti extra musicali che mi facessero capire meglio il passaggio dal classicismo al romanticismo.

Tutte le Lettere di Jane Austen
tradotte da Giuseppe Ierolli
Non ricordo la cronologia esatta delle mie letture austeniane; fatto sta che in un paio di anni lessi gli altri romanzi, e man mano che il mio orecchio entrava in sintonia con il suo modo di scrivere, cominciai ad ammirarla sempre di più, compreso ovviamente Orgoglio e pregiudizio. Rimasi affascinato soprattutto da una cosa, che all'epoca colsi d'istinto: la capacità di raccontare storie "minime", con un tocco leggero che però riusciva a scavare nel profondo; non a caso, in quel periodo divenni anche un lettore compulsivo di Proust. A questa ammirazione iniziale seguì poi l'approfondimento, e via via cominciai a cogliere tutto il resto, un "resto" che non sto naturalmente a precisare, visto che è noto a chiunque ami Jane Austen.
L.: Qual è il tuo romanzo preferito fra quelli di Jane Austen? Ci puoi mettere i sei romanzi canonici in ordine di gradimento con le relative motivazioni?
G. I.: Io ho cinque predilezioni letterarie principali (in ordine alfabetico: Jane Austen, Emily Dickinson, James Joyce, Marcel Proust e William Shakespeare) e ho sempre pensato alle loro opere in senso complessivo, come se fossero un'opera unica suddivisa, in modi diversi da ciascun autore, nel tempo. È quindi difficile stilare una classifica, perché, nel caso di Jane Austen, una delle ricchezze dei suoi lavori è proprio la possibilità di leggerli, e immaginarli, non come storie separate, ma come un lunga narrazione che ci porta di volta in volta in luoghi simili e diversi, come se l'autrice avesse voluto raccontarci il suo mondo, accompagnandoci ogni volta a conoscere i personaggi del romanzo che stiamo leggendo, ma dicendoci "Ecco, questa è una faccia del mio mondo, in altri romanzi te ne mostrerò altre". Non è certamente un caso il fatto che siano tutti ambientati in un lasso di tempo ristretto, in pratica contemporaneo a quando furono scritti, o riscritti, e a questo proposito è illuminante la "Nota" anteposta a Northanger Abbey, l'unico la cui stesura definitiva è di qualche anno precedente agli altri, in cui Jane Austen sembra quasi scusarsi di un romanzo scritto più di un decennio prima della pubblicazione, terminando con queste parole: "Il pubblico è pregato di tenere presente che sono passati tredici anni da quando è stato terminato, molti di più da quando è stato cominciato, e che durante questo periodo, luoghi, usanze, libri e opinioni hanno subito considerevoli cambiamenti." È un po' come se ci dicesse: "Attenzione, questo romanzo leggetelo con occhi un po' diversi; nel puzzle dei miei lavori è un pezzo un po' eccentrico".


Dopo questa lunga premessa, però, mi contraddico, perché in effetti un romanzo per il quale nutro una predilezione particolare c'è, ed è Mansfield Park. Spiegare tutti i perché sarebbe troppo lungo, mi limito a un paio di parti del romanzo che, in particolare mentre le traducevo, mi hanno affascinato: la parte riguardante la recita casalinga, in cui la trama e i rapporti tra i personaggi della commedia vengono usati con un'abilità straordinaria per far emergere i rapporti tra i personaggi del romanzo (cosa che si può cogliere appieno leggendo il testo della commedia della Inchbald, che ovviamente all'epoca conoscevano tutti), e quella che si svolge a Sotherton, un meccanismo perfetto che, man mano che traducevo, mi faceva risuonare in testa l'ultimo atto delle Nozze di Figaro di Mozart, con i personaggi che si perdono e si ritrovano, e creano una sorta di coreografia squisitamente razionale e settecentesca.
Gli altri cinque non li saprei mettere in fila: L'abbazia di Northanger è un gioiello di parodia, una versione smagliante e matura delle opere giovanili, con quel bellissimo brano in difesa dei romanzi, bistrattati e guardati dall'alto in basso da noiosi parrucconi.


In Ragione e sentimento amo moltissimo il graduale mescolamento dei due sentimenti, con l'asimmetria narrativa tra una Marianne passionale che man mano si accorge della realtà e una Elinor di cui il lettore conosce la vera natura fin dall'inizio, mentre la sorella la comprende veramente non per gli "insegnamenti" teorici che lei cerca di impartirle, ma vedendola soffrire con passione nel bellissimo sfogo del capitolo 37: "Per quattro mesi, Marianne, ho avuto tutto questo ben fisso in mente, senza essere libera di parlarne a nessuno..." (senza parlare, poi, dell'assoluta perfezione del capitolo 2, il colloquio tra John Dashwood e la moglie sull'aiuto da fornire alla matrigna e alle sorellastre, un capitolo che non mi stanco mai di rileggere).

Harriet Walker e John Fleet in Ragione e sentimento 1995 diretto da Ang Lee
In Orgoglio e pregiudizio, invece, c'è la simmetria perfetta tra Elizabeth e Darcy, un percorso analogo che porta i due protagonisti a un graduale avvicinamento descritto con mano sicura, senza mai una sbavatura narrativa, oltre, anche qui, a una serie di personaggi che si incastrano perfettamente nella trama, con un'abilità sorprendente, se pensiamo che all'epoca della prima stesura Jane Austen aveva poco più di vent'anni.
Di Emma, forse il più "statico" dei romanzi austeniani, l'unico ambientato in un solo luogo, mi ha affascinato sopratutto lo stile della scrittura; mentre lo traducevo mi ronzavano in testa i romanzi precedenti e avevo come l'impressione che quella "staticità" spaziale fosse un ben meditato espediente per lasciare spazio alle straordinarie doti di scavo nella natura e nell'evolversi dei personaggi, come se l'autrice ci dicesse: "devo farli muovere il meno possibile, altrimenti non ho il tempo di farveli conoscere a fondo."

Infine Persuasione, che mi ha sempre fatto pensare agli ultimi quartetti per archi di Beethoven, rimasti senza eredi ed epigoni fino a cavallo tra Ottocento e Novecento, così come il "flusso di coscienza" di Anne Elliot troverà un'eco più di un secolo dopo nella Mrs. Dalloway di Virginia Woolf.
Con tanti motivi di interesse in tutti i suoi romanzi, come si fa a scegliere?
L.: È una verità universalmente riconosciuta che un uomo che ama Jane Austen sia una rarità: non possiamo non approfittare di questa occasione. Ci fai una classifica delle tue eroine austeniane preferite?
G. I.: Qui farei una distinzione. Quelle di cui, da lettore uomo, mi sarei probabilmente innamorato (se fossi stato anch'io nel romanzo) sono due: Elizabeth Bennet e Anne Elliot. Quelle che invece preferisco dal punto di vista letterario sono, nell'ordine, Fanny Price, Emma Woodhouse, Anne Elliot ed Elizabeth Bennet.
Jennifer Ehle (Elizabeth Bennet) e Amanda Root (Anne Elliot)
L.: E gli altri personaggi? Quali sono i tuoi preferiti e quali i meno graditi? Fra quelli negativi, hai un debole nei confronti di qualcuno (ad esempio, LizzyGee nutre un grande affetto per Mary Elliot Musgrove).
G. I.: Qui la scelta si fa più difficile, perché, come dicevo prima, tutti i personaggi austeniani sono tratteggiati splendidamente, tutti sono perfettamente incastrati nella trama, e tutti svolgono un ruolo essenziale. Se devo citarne qualcuno (diciamo cinque), i primi che mi vengono in mente, senza fare distinzione tra "buoni" e "cattivi" (ma magari tra un'oretta penserei ad altri), sono Miss Bates (mi sono divertito moltissimo a tradurre i suoi sproloqui), Mr. Collins (la sua dichiarazione a Elizabeth è uno dei più bei pezzi comici della letteratura), Lady Bertram (irresistibile nella sua svagata languidezza), Sir Walter Elliot (del quale credo che la migliore descrizione sia quella dell'ammiraglio Croft, quando parla a Anne dei troppi specchi che aveva trovato nella stanza del padre) e la povera Mrs. Norris, forse perché è la più decisamente maltrattata dall'autrice, che, contrariamente al suo solito, non ha pietà e non le riserva mai nemmeno un barlume di aspetto positivo (persino Lady Catherine e Mrs. Ferrars alla fine si ammorbidiscono un po').

Tom Hollander (Mr Collins in Pride and Prejudice 2005 diretto da Joe Wright)
L.: Quale fra i romanzi incompiuti (Juvenilia compresi) ti sarebbe piaciuto poter vedere finito (da Jane Austen, ovviamente)? E Lady Susan? Hai mai pensato che Jane Austen lo avrebbe potuto sviluppare liberandolo dalla forma epistolare e trasformarlo in romanzo canonico?
G. I.: Gli "Juvenilia" certamente no, sono perfetti così come sono e d'altra parte non possono essere considerati incompiuti, a parte Catharine, ovvero la pergola, e nemmeno Lady Susan, per la quale Jane Austen stessa scrisse una "conclusione"; è un romanzo particolare, sia per la forma epistolare che per la protagonista: una "cattiva" a tutto tondo, ma non mi è mai sembrato adatto ad essere ripreso, e il fatto che l'autrice non l'abbia mai fatto lo considero una conferma. I Watson è un frammento interessante, ma anche in questo caso sono incline a dare ragione a Jane Austen, che, pur potendolo fare, non lo ha mai ripreso. Il rammarico profondo è invece per Sanditon, che lascia intravedere da una parte percorsi nuovi (il tema della speculazione edilizia e della "modernità", cose mai trattate nei romanzi precedenti) insieme a un ritorno a quel gusto per la parodia che era un po' più sfumato in Persuasione (la famiglia Parker è un fuoco d'artificio a questo proposito). Il fatto che Jane Austen l'abbia dovuto abbandonare forzatamente (quella data sull'ultima pagina del manoscritto mi ha fatto sempre piangere il cuore) la ritengo davvero una perdita enorme.

L.: Come sai Old Friends & New Fancies si occupa soprattutto di Austen Inspired Novels. Le leggi? Come ti approcci ai 'derivati'? Da purista o da curioso?
G. I.: Li leggo, moderatamente, non per scelta, ma perché non riesco a non farlo. Sicuramente il mio approccio è da "curioso", soprattutto perché li considero comunque una cosa positiva, un segno tangibile della fama e dell'attualità dell'autrice che li ispira. Come quasi tutti quelli che amano Jane Austen (almeno credo), ho un atteggiamento strano: so benissimo che non troverò nulla che possa essere paragonato all'originale (e mi chiedo: "ma allora perché li leggo?"), ma d'altra parte non riesco a ignorarli, perché chi ha assaggiato un cibo delizioso non può fare a meno di addentarne un altro, anche se sa che quel sapore non lo troverà in altre pietanze.
L.: Ci puoi dire se ne hai gradito particolarmente qualcuno e perché? Analogamente, ce n'è qualcuno che hai trovato terribile e perché?
G. I.: Posso citare un'esperienza molto positiva, ovvero la trilogia di Pamela Aidan (anche se il secondo volume l'ho trovato molto inferiore agli altri due). In questo caso c'è stata una scelta molto intelligente: farci rileggere, e rivivere, Orgoglio e pregiudizio con gli occhi di Darcy, con molta fedeltà sostanziale alle vicende del romanzo, e con personaggi aggiunti molto azzeccati (penso al valletto di Darcy).
In questo periodo sto leggendo Jane Bites Back di Michael Thomas Ford, e la Jane Austen vampira immortale da due secoli, che gestisce una libreria, è alle prese con editori riluttanti e vampirizza le sue epigone mi sta divertendo molto.
Leggo anche con piacere i gialli di Stephanie Barron, soprattutto perché qui è in gioco non un romanzo ma la vita stessa di Jane Austen, e mi diverte molto, per esempio, leggere brani delle sue lettere inseriti in vicende che mescolano realtà e finzione.
Tra quelli che non mi sono proprio piaciuti, il "terribile" lo aggiudicherei al completamento de I Watson di Joan Aiken, una paccottiglia indegna e sconclusionata. L'ultimo che ho letto, Morte a Pemberley di P.D. James, l'ho trovato semplicemente insipido, sia come derivato austeniano che come giallo.
L.: Che ne pensi delle trasposizioni cinematografiche e televisive? Quali hai trovato più fedeli ai romanzi di Jane Austen (tenendo presente che nessuna trasposizione potrà mai essere fedele al romanzo originale).
G. I.: Nelle trasposizione cinematografiche non cerco mai la fedeltà letterale, anzi la considero generalmente negativa. Un film è qualcosa di molto diverso da un romanzo, e credo debba essere essenzialmente una lettura "cinematografica" che può, o meglio deve, prendersi delle libertà rispetto all'opera che ne è la fonte. In questo senso, amo molto le sceneggiature di Andrew Davies, che sa come farci "vedere" cose che magari non sono state "scritte", ma che gettano una luce nuova, e spesso rivelatrice, sulle vicende del romanzo. Penso, per esempio alla famosa scena del tuffo di Darcy in Orgoglio e pregiudizio del 1995, o all'inizio di Ragione e sentimento del 2008, con quella scena esplicita di sesso che può sembrare poco "austeniana", ma che non ha nulla di "infedele".
Anche nell'edizione di Orgoglio e pregiudizio del 2005, pur con le limitazioni e le semplificazioni dovute alla durata, ho trovato "infedeltà" letterali che non mi sono dispiaciute, come la scena della dichiarazione di Darcy nel tempietto sotto la pioggia, insieme a scene molto poco plausibili, come quella in cui Elizabeth viene lasciata da sola a Pemberley dagli zii e, dopo un breve colloquio con Darcy, si avvia da sola verso Lambton.

Matthew Macfadyen e Keira Knightley in Pride and Prejudice 2005 diretto da Joe Wright
Un film come "Mansfield Park" del 1983, molto fedele al romanzo, mi è piaciuto pochissimo, e questo è l'unico romanzo dei sei per il quale non c'è nessuna trasposizione accettabile, visto che la migliore delle tre in circolazione, quella della Rozema, prende il romanzo come spunto ma, per esempio, trasforma Fanny Price in una controfigura della Jane Austen giovane.
Il problema, un po' come dicevo all'inizio, è che i due linguaggi sono molto diversi,e secondo me ha poco senso limitarsi a portare sullo schermo le vicende di un romanzo cercando di seguirlo alla lettera: molto meglio delle invenzioni intelligenti, a sottolineare punti della narrazione che si prestano a essere rese in modo diverso sullo schermo, che una stretta fedeltà, che talvolta mi fa dire: "be', a questo punto meglio rileggersi il libro."

Frances O'Connor in Mansfield Park 1999 diretto da Patricia Rozema
L.: Che ne pensi degli audiolibri? Li ascolti? In italiano o in inglese? E che ne pensi di quelli letti da Paola Cortellesi per Emons?
G. I.: Finora li ho ascoltati pochissimo, anche perché in genere gli attori chiamati a realizzarli li "recitano" anziché leggerli. Di Paola Cortellesi conosco Orgoglio e pregiudizio. Un'interpretazione brillante e a tratti molto divertente, ma, appunto, "recitata". Jane Austen si presta, con l'abbondanza di conversazioni, a una lettura del genere, ma io credo che se avesse voluto sentir recitare le sue storie avrebbe scritto per il teatro.
Sugli audiolibri in generale, comunque, credo che siano utilissimi, un po' la versione moderna delle letture ad alta voce tanto in voga al tempo di Jane Austen
L.: Prima la Dickinson, poi la Austen e ora? Dopo aver tradotto di tutto di più di queste due grandi scrittrici, quale potrebbe essere la prossima autrice a tenerti occupato nei prossimi anni?
G. I.: Ancora non ho deciso definitivamente, ma sulla scrivania ho una bella edizione in fac-simile del "First Folio" shakespeariano del 1623. Probabile che i prossimi anni mi vedano immerso nell'inglese elisabettiano. Sì, lo so, non è una "autrice", ma io non faccio differenze di generi.

Giuseppe Ierolli seduto sulla panchina del parco di Chawton di fronte
al cottage in cui Jane Austen visse dal 1809 al 1817
Ringraziamo Giuseppe Ierolli per questa magnifica intervista. È proprio vero che non ci stanchiamo mai di parlare di Jane Austen; quando poi dobbiamo parlare del nostro rapporto con lei diventiamo loquacissimi.
Speriamo di ospitare presto Giuseppe nel nostro salotto con altre novità sulla scrittrice che amiamo.
Giuseppe Ierolli ha tradotto l'opera omnia di Jane Austen. Recentemente pubblicato per UTE libri la biografia Jane Austen si racconta, che noi Lizzies abbiamo recensito >>QUI<<
Link Utili
 jausten.it
 jasit.it
 Pagina del libro Jane Austen si racconta su UTE libri
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 Recensione Jane Austen si racconta

2 commenti:

romina angelici ha detto...

Interessantissima intervista.
E' stato illuminante vedere come uno studioso e profondo conoscitore di Jane Austen si accosti a quello che è il mondo derivato e condivido pienamente l'approccio lucido e scettico ma irresistibile ai sequel. Non riesco a capire l'affinità di JA con Proust e Joyce che personalmente ho sempre trovato pesantissimi e non sono mai riuscita a finire di leggere ma mi fido del giudizio e delle competenze di Ierolli, insinuando però un dubbio sulla diversa sensibilità maschile. Shakespeare è il motore di tutto e al di sopra di ogni genere.
Sottoscrivo in pieno l'enorme perdita di vedere Sanditon incompiuto e quell'accenno alla data in fondo alla pagina è teneramente toccante.

Gabriella Parisi ha detto...

Credo che l'approccio ai derivati sia quello giusto: anche noi Lizzies, nel nostro piccolo, li leggiamo con lo stesso spirito, senza pregiudizi né aspettative, elogiando quelli che riescono a catturare lo spirito di Jane Austen (ma che, ovviamente, non potranno mai eguagliare l'originale) e screditando quelli poco meritevoli, scritti per puro spirito commerciale, che vogliono sfruttare il nome di Jane Austen e delle sue creature senza rispetto e devozione.
Riguardo alle letture preferite, ognuno ha le sue, che non necessariamente devono essere vicine fra loro. Anzi, quando si parla di persone di cultura, potrebbero essere addirittura agli antipodi.

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